Morelia è la città capoluogo dello stato messicano chiamato Michoacán.
Si trova ad ovest di Città del Messico, a poco più di 300 km di distanza, da cui si può facilmente raggiungere in comodi autobus (quello su cui ho viaggiato era dotato di poltroncine che diventano chaise longue, comodissimo) per un viaggio di circa 4 ore.
Come moltissime altre città messicane, anche Morelia è di stampo coloniale, fondata nel 1541 dagli Spagnoli. Il suo nome ha subito numerosi cambiamenti: originariamente (prima della colonizzazione) si chiamava Guayangareo, poi i colonizzatori la ribattezzarono in principio Ciudad de Mechuacán, in seguito Ciudad de Valladolid (per onorare l’omonima città spagnola) ed in fine Morelia, nome assegnatole nel 1828, con il Messico già indipendente dalla Spagna, per onorare José María Morelos y Pavón, eroe proprio della guerra di indipendenza messicana.
È una città ricca di cultura, di monumenti e chiese (in Messico, d’altronde, ci si rende presto conto dell’enorme quantità di edifici religiosi cristiani, in ogni città).
Spicca fra tutti la bellissima cattedrale, realizzata a cavallo fra la seconda metà del 1600 e la prima metà del 1700, caratterizzata dalla forma (in pianta) detta a croce latina, costruita con la cantera rosa, una roccia vulcanica tipica di questa zona, che si ritrova in moltissimi edifici.
Imponente e suggestiva, il fine settimana diventa protagonista di uno spettacolo che si manifesta sotto forma di proiezioni sulla facciata, musica e giochi pirotecnici. Al contrario dei giorni “normali”, in questa occasione al calare del sole, tutte le luci che in genere la evidenziano bene, restano spente e dopo tre botti di avvertimento, inizia lo show con l’illuminazione che pian piano si attiva, dal basso verso l’alto dell’edificio, la musica che riempie l’atmosfera ed i fuochi d’artificio, lanciati dai giardini di Plaza de Armas a lato della cattedrale, che accendono il cielo buio.
Sulla stessa avenida su cui affaccia la cattedrale, la Francisco I. Madero (precedentemente chiamata Calle Real), che senza dubbio è l’arteria principale del centro, si trova un altro imponente edificio ecclesiastico, realizzato nella prima metà del 1700 con la stessa roccia vulcanica (la cantera rosa).
Si tratta del Templo de las Monjas (il tempio delle monache), intitolato a Santa Caterina da Siena e comunemente chiamato così perché abitato e gestito, fin dalla sua costruzione, da monache che vi rimasero fino al 1863.
Ad un solo isolato da qui (o ad una sola cuadra, come si dice in Messico) si trova l’ennesimo edificio di stampo religioso, ovvero l’ex Convento de San Francisco attualmente Instituto del Artesano Michoacano, cioè un museo che raccoglie prestigiosissimi e bellissimi lavori, frutto della maestria degli artigiani di questa regione.
Qui si trova anche la fedele ricostruzione di una tipologia di casa in cui abitavano i purépechos, gli indios abitanti originari del Michoacán. Erano piccole e accoglienti case in legno, dotate di un soppalco su cui era sistemato il letto, studiate per mantenere il calore all’interno.
C’è poi una piazza nella quale mi sono ritrovato per caso (l’albergo in cui alloggiavo si trova lì di fianco a pochi passi) che mi è piaciuta molto e mi è rimasta impressa nella mente, incantato anche dal cielo striato dalle nuvole che rendevano la scena simile ad un bel dipinto.
Si tratta di Plaza de San Agustín, circondata da portici sotto ai quali hanno trovato posto vari chioschi che preparano cibo e bevande per i passanti. Sul lato est della piazza svetta la facciata di un’altra chiesa, intitolata allo stesso santo che dà il nome a questo quadrilatero, dai bei portoni decorati con immagini di vetro colorato.
La sera la piazza diventa la location ideale per giovani biker e skater.
Un simbolo di Morelia è senza dubbio l’acquedotto, realizzato già in epoca coloniale e divenuto oggetto, nel corso degli anni, di vari interventi di ristrutturazione. Da quel che ho letto è uno degli acquedotti più belli del Messico e, secondo molti, la costruzione civile più importante di questa città.
Conta con 253 archi, sviluppandosi per una lunghezza totale di oltre 1700 metri, e serviva a portare acqua a quello che all’epoca era il limite territoriale di Morelia, dove veniva poi distribuita, attraverso un sistema di tubi in argilla, fra le varie case, i conventi e le fontane.
A proposito di fontane, nel punto dove l’acquedotto incontra la Avenida Francisco I. Madero, si trova quello che è divenuto un altro simbolo, benché di epoca assai più recente, di questa città.
Si tratta della Fuente de las Tarascas, fontana con al centro una scultura bronzea datata 1984, raffigurante tre donne purépechas a petto nudo che tutte assieme sostengono un grande cesto pieno di frutti.
Se ci si muove dalla fontana verso l’acquedotto, appena passati sotto gli archi, buttando l’occhio a sinistra, è possibile notare il vicolo che viene definito il più romantico di Morelia, non per niente è stato chiamato Callejón del Romance.
Le guide dicono che se si vuol fare innamorare una ragazza, si deve portarla (e baciarla) qui. Effettivamente è un bellissimo scorcio, romantico, di questa città.
Ma, a mio modesto parere, nulla da invidiare a questo piccolo vicolo ha la Calzada Fray Antonio de San miguel, un lungo viale pedonale fiancheggiato da alberi le cui chiome vanno a formare un tunnel naturale. Parte dall’acquedotto e giunge fino alla Plaza Jardín Morelos, piazza dedicata all’eroe della rivoluzione (dal cui nome deriva quello della città) in cui campeggia una scultura equestre dello stesso Morelos realizzata da un artista italiano, tale Giuseppe Inghilleri.
È una bellissima città, ricca di storia (come lo è tutto il Messico), viva e giovane. Una città universitaria che per questo è sempre molto attiva a qualsiasi ora, di giorno e di sera, piena di bar e locali. Molto frequentato è il Jardín de las Rosas, un giardino pubblico tranquillo, in cui si trovano vari café con tavolini all’aria aperta dove ci si ritrova per bere una cerveza, un mezcal o un caffé, mangiare qualcosa, conversare e rilassarsi.
Una città sicuramente fuori dai classici circuiti turistici, ed è un peccato perché vale senz’altro la pena visitarla.
Purtroppo negli ultimi anni ha pagato un alto prezzo, in termini di popolarità, a causa di un evento drammatico. Il 15 settembre del 2008 è stata teatro di un grave attentato messo in atto da criminali legati all’organizzazione Los Zetas. Furono lanciate due granate in mezzo alla gente durante la cerimonia del Grito de Independencia, evento che causò la morte di 8 persone e il ferimento di oltre 130. Per questo la città si è portata addosso una nomea non proprio apprezzabile, e molti governi, tra cui quello Italiano, l’hanno ritenuta (e forse ancora la ritengono) una meta da sconsigliare ai turisti.
Mentre attendevo lo show della cattedrale, si è avvicinato un uomo che aveva con sé il figlio (piccolino, direi di 4 o 5 anni più o meno) e vedendomi decisamente “non messicano”, con la fedele macchina fotografica pronto a scattare, probabilmente con l’aria di chi non era mai stato lì, ha preso a parlarmi con le solite domande di rito: “da dove vieni?”, “eri mai stato qui?”, “ti piace la città?”, ecc ecc. Dopo aver risposto, ho chiesto anch’io se lui fosse di Morelia e se la città è così pericolosa come qualcuno sostiene. Lui candidamente ha risposto “assolutamente no”.
Originario di Querétaro, l’uomo ha deciso di trasferirsi qui a Morelia in cerca di tranquillità (dopo l’attentato tra l’altro, pensa te quanto possono essere diversi i punti di vista) con la sua famiglia. Questa sua opinione, unita alla bellissima impressione che mi ha fatto la città, non può che farmi pensare che in fondo anch’io qui ci vivrei. Eccome.
E mi viene anche da pensare che se ci basassimo su singoli e sporadici episodi (per quanto gravi e drammatici) per stabilire quale città è sicura e quale no, ogni angolo del mondo andrebbe evitato.
Ciao incantevole Morelia.